Come è noto lavorare nel settore medico sanitario contiene componenti intrinseche di rischio, ad oggi si tratta di una delle aree professionali a maggior rischio. E’ per questa ragione che l’obbligo di assicurazione professionale è diventato necessario e pertanto introdotto dalla recente normativa. L’ambito è alquanto scivoloso e opinabile ed è per questo che è bene avere a mente le linee guida in materia di responsabilità colposa dell’esercente della professione sanitaria.
Il decreto Balduzzi
Tale argomentazione è ben descritta nell’art. 3 del decreto Balduzzi (d.l. 158/2012 conv. in L. 189/2012) che ha impegnato gli interpreti nella corretta qualificazione giuridica delle suddette prescrizioni.
Il decreto Balduzzi detta nuove norme in merito. E’ bene tenere a mente che secondo il predetto decreto qualora si incorra in reato penale (con tutto ciò che ne consegue) l’esenzione di responsabilità, qualora sussista, si denota soltanto dinnanzi ad un fatto cagionato con una prestazione medica caratterizzata da colpa lieve e il medico si sia attenuto meticolosamente alle linee guida rispettando quindi le buone pratiche previste per il caso clinico in esame.
Pertanto l’art. 3 del decreto Balduzzi richiede ai fini dell’esenzione dalla responsabilità penale:
- L’aderenza alle linee guida durante la prestazione sanitaria;
- L’errore professionale sia derivato da “colpa lieve”
Per la responsabilità civile, invece, anche il rispetto delle linee guida e la sola colpa lieve potrebbero attivare l’obbligo al risarcimento del danno come è riportato nel predetto art. 3: “in tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile”.
Ai fini dell’applicabilità del decreto Balduzzi necessita dunque dimostrare che:
- Il medico abbia operato dopo meticolosa acquisizione di dati scientifici e sperimentali della migliore ricerca clinica e che quanto è stato oggetto di studio deriva da fonti attendibili e riconosciute;
- che l’errore medico non sia stato causato da comportamenti volti al risparmio della spesa sanitaria in quanto tale comportamento, sebbene potrebbe essere il risultato dei tagli pubblici degli ultimi anni nel settore sanitario, è logicamente in contrasto con il concetto stesso di linee guida e di etica.
Linee guida e adeguamento al caso concreto
E’ pure vero che trattandosi di medicina e scienza e sopratutto di casi clinici e patologie che possono essere diverse l’une dalle altre, spesso e volentieri non è possibile reperire una immediata riferibilità delle linee guida al caso concreto.
Le linee guida in realtà sono considerate regole cautelari ma che non possono essere rispettate in maniera pedissequa in quanto i casi concreti sono simili ma non uguali fra loro. Anzi il rispetto passivo e la meccanica applicabilità delle linee guida senza una giusta riflessione potrebbero a loro volta portare a responsabilità professionale.
Per non incorrere in responsabilità penale è doveroso rispettare il complesso delle linee guida relative alla professione medica e al comparto sanitario, questo però non significa assolutamente che chi svolge la professione medica o lavora nel comparto sanitario debba rispettare in modo tassativo i protocolli normati dalle linee guida e dalle best practices ma sottolinea esclusivamente che sebbene operando per il benessere del paziente il professionista debba comunque verificare, caso per caso, la pertinenza delle raccomandazioni legate al fatto clinico in esame.
Permane comunque la necessità che il medico, dopo aver esaminato il caso, possa valutare le necessità cliniche del paziente ed agire di conseguenza, non è infatti con la mera applicazione delle linee guida che non si incorre in errore e quindi in responsabilità.
Nella realtà dei fatti le linee guida diventano delle raccomandazioni necessarie per l’integrazione delle nozioni e del bagaglio tecnico scientifico del medico, ma esse vanno applicate caso per caso con equilibrio e adeguatezza e non in maniera meccanica ed aprioristica.